Sezione 1

Sabato 14 ottobre – mattina

Musica e Ricerca scientifica

 

Stefan Koelsch  
Professore presso l’Istituto di Psicologia Biologica e Medica dell’Università di Bergen (Norvegia)

Correlati cerebrali delle emozioni evocate dalla musica e implicazioni per la  terapia
La musica è universalmente presente nelle società umane, ciò è in parte dovuto al suo potere di evocare emozioni ed influenzare l’umore. Durante l’ultimo decennio, la ricerca dei correlati neurali delle emozioni evocate dalla musica è stata preziosa per la comprensione delle emozioni dell’essere umano.  Questa presentazione illustrerà – in un modo in cui anche coloro che non sono neuroscienziati potranno capire –  come gli studi di neuroimaging funzionale sulla musica e le emozioni dimostrino che la musica può modulare l’attività in quelle strutture cerebrali implicate in modo fondamentale nell’emozione (come ad esempio l’amigdala, il nucleus accumbens, l’ ipotalamo, l’ippocampo, l’insula, la corteccia cingolata, la corteccia orbitofrontale). La capacità della musica di influenzare l’attività di queste strutture ha importanti implicazioni per l’uso della stessa nel trattamento di disordini psichiatrici e neurologici.

 

Emmanuel Bigand
Prefessore di psicologia cognitiva presso l’Institut Universitaire de France e l’Université de Bourgogne Franche Comté

Applicazioni della psicologia cognitiva musicale a pazienti affetti da Alzheimer
La ricerca sperimentale fornisce numerose prove del fatto che le attività musicali contribuiscano a ridurre gli effetti del Morbo di Alzheimer. Nella prima parte di questa presentazione riprenderò alcuni di questi studi, fra cui quelli eseguiti dal nostro gruppo, che hanno dimostrato come i testi vengano imparati e memorizzati meglio quando sono presentati in forma parlata o cantata. Dopo alcune ripetizioni, le parole cantate – anche su una melodia non familiare – permettono una migliore memorizzazione. Di conseguenza, la musica può fornire un aiuto più solido per il consolidamento della memoria rispetto ai soli testi parlati. In un ulteriore studio, valutiamo il potenziale della musica come aiuto all’apprendimento di sequenze di gesti nell’invecchiamento normale e patologico. I partecipanti affetti da lieve Morbo di Alzheimer (AD) e adulti più vecchi in salute (controlli) hanno imparato sequenze di gesti privi di significato accompagnati dalla musica o da un metronomo. Abbiamo anche manipolato la procedura di apprendimento in modo che i partecipanti dovessero imitare i gesti da memorizzare in sincronia con lo sperimentatore o dopo esso, durante la codifica. Nel complesso, l’accompagnamento musicale non ha avuto alcun impatto sulle prestazioni dei controlli, ma ha migliorato quelle dei partecipanti con AD. Discutiamo della rilevanza di questi risultati per una migliore comprensione della memoria uditivo-motoria. Nella seconda parte di questo discorso, presenterò un esperimento clinico eseguito con un gruppo di pazienti Alhzeimer durato 15 giorni, dove al paziente veniva richiesto di imparare nuove canzoni e di ballare sulla musica. Questo esperimento è stato argomento di un documentario francese intitolato «La mélodie d’Alzheimer», che verrà presentato brevemente (con una traduzione italiana).

 

Luisa Lopez
Medico Responsabile dell’Ambulatorio di Neuropsichiatria 
del “Villaggio Eugenio Litta” di Grottaferrata e Referente Scientifica del progetto Neuroscienze e Musica della Fondazione Mariani, e docente nel corso triennale di Neuropsicomotricità dell’Età Evolutiva dell’Università di Roma Tor Vergata

Musicoterapia e apprendimento
Nella letteratura scientifica il termine musicoterapia si applica a  forme diverse di intervento, dall’ascolto di musica durante procedure più o meno invasive, alla musicoterapia vera e propria con musicoterapisti. Esiste tuttavia anche un altro capitolo interessante che riguarda gli effetti del training musicale, su misure di  intelligenza, funzioni esecutive e apprendimento. In particolare appare interessante determinare ci possono essere effetti anche sui disturbi di apprendimento e in particolare della lettura. Nella letteratura internazionale si trovano conferme dell’effetto, ma fino a qualche anno fa mancavano dati su campioni di lingua italiana. Inoltre, come suggerito da Pennington, il training musicale si caratterizza come intervento sul processo della lettura e come tale 
deve dimostrare l’efficacia nel migliorare anche la performance, ovvero l’abilità stessa del leggere. Nello studio randomizzato controllato “Ritmo e Musica per riabilitare i disturbi di lettura” (Grant Fondazione Mariani) partendo dall’ipotesi che la scarsa elaborazione temporale dei suoni sia alla base della Dislessia Evolutiva, si è cercato di dimostrare l’effetto di un training di musica rispetto ad un training di pittura in un gruppo di 48 bambini 
dislessici. I risultati mostrano che sia la lettura di non parole che la sintesi fonemica migliorano con il training musicale in modo significativamente maggiore rispetto al gruppo di pittura.